2001: Una nuova e-mail giuntami recentemente, mi diceva di aver ascoltato – tempo addietro – una intervista radiofonica nella quale, il cantante Richi Gianco (ex appartenente – come me – al Clan Celentano della prima ora), lasciava intendere di essere l’autore della canzone “Pregherò”. Siccome – proseguiva il sig. Attilio – lui ha sempre saputo che sono io l’autore della medesima, mi chiedeva di spiegargli come stanno esattamente le cose. Il signor Gaetano – invece – mi scrive di aver letto la medesima notizia, su un libro pubblicato recentemente, il cui autore – Felice Liperi – ha ufficialmente assegnato a Gianco la paternità del brano. Anche lui mi chiede di chiarire.
Lo stesso Dario Salvatori, mi ha ribadito che Gianco lascia intendere di aver partecipato alla stesura del testo, dopo aver avuto una ispirazione da un poeta francese (posso ridere?).
Intanto ho telefonato al prof. Liperi, contestandogli – se non altro – di aver pubblicato (su un libro poi…) certe notizie senza averle prima verificate…..
2005: L’ultima sorpresa, l’ho avuta proprio ieri, quando – partecipando alla presentazione dell’interessante volume di Michele Bovi “Anche Mozart copiava”, ho avuto modo di sfogliare il capitolo dedicato al Clan, scoprendovi così – ancora una volta – la narrazione fantasiosa che Gianco fa di tutta la storia riguardante “Pregherò” e “Tu vedrai”, senza peraltro far minimamente cenno a me, in nessuna veste (grazie).
Dunque: E’ evidente che Richi non smentisce questa falsa tesi, nemmeno in funzione della stesura un libro, facendo così un torto all’autore inducendolo a pubblicare qualcosa di inesatto, pur di ‘uscirne bene’. Tempo addietro – scrivendo io sul settimanale Radiocorriere Tv - decisi di rinfrescargli la memoria, ricostruendo in 4 articoli – pubblicati nei n° 7 – 8 – 9 – 10 dell’anno 2001, tutta la vicenda e facendo così, pubblicamente chiarezza. Qui di seguito, riporto gli articoli, nei quali questa storia - che è stata narrata in maniera più letteraria anche sul mio libro, “C’era una volta il Clan” (Ediz. L’Isola che c’è) – non ha temuto, non teme e non temerà contestazioni da parte di chicchessia, essendo inoppugnabilmente comprovabile da documenti scritti (che conservo e dei quali parlerò nel corso del racconto) e – qualora ce ne fosse bisogno - da testimonianze insopprimibili. Senza parlare del bollettino di deposito alla Siae. Buon divertimento:
Nella tarda primavera del ’62, eravamo riuniti (noi del Clan) a casa di Adriano Celentano, intenti a parlare dei nuovi dischi da realizzare nell’autunno, dopo il Cantagiro, al quale avremmo partecipato (io e il boss) con le due incisioni in commercio in quel momento (“Sta’ lontana da me” e “La storia di Frankie Ballan”). Richi Gianco aveva scelto un bellissimo brano americano (Stand by me), di cui possedeva il 45 giri, che annoverava quali autori – sotto l’etichetta - due nomi: Ben E. King ed Elmo Glick. Accadde che Gianni dall’Aglio (batterista de “I Ribelli”, gruppo di Celentano), aveva ricevuto in regalo da sua sorella – tornata da un viaggio a Londra – la stessa canzone su un diverso 45 giri, sotto l’etichetta del quale – curiosamente – figuravano due autori completamente diversi da quelli menzionati sul disco di Gianco, ovverosia: Leiber e Stoller. Alla nostra sorpresa e curiosità, demmo una risposta piuttosto facilotta ma plausibile: “Si tratterà certamente di un brano di dominio pubblico. Pertanto basterà differenziarne l’arrangiamento per potersene appropriare lecitamente come autori”. Pensarono i più furbi del reame, al secolo Detto Mariano e lo stesso Gianco.
Accadde quindi che Stand by me – per la parte musicale – se la aggiudicassero Detto e Gianco. Con la convinzione – cioè – che il brano fosse di dominio pubblico e quindi annettibile a chi lo avesse arrangiato in maniera diversa. A Del Prete – mitico paroliere del Clan (sob!) - fu assegnato il compito di scrivere il testo in Italiano.
La sera precedente il giorno in cui Richi Gianco avrebbe dovuto fare il provino della canzone, lo stesso, mi accompagnò in albergo (vivevo allora all’hotel Des Etrangers in Milano), esternandomi la preoccupazione di essere impossibilitato a farlo, perché Del Prete non gli aveva ancora portato il testo. Confidava che lo avrebbe ricevuto il mattino stesso in sala d’incisione, ma era il primo a non crederci. Nel corso della notte, fui svegliato da rumori provenienti da una stanza accanto (i particolari, nel mio libro “C’era una volta il Clan”). Completamente dissonnato, mi ritrovai a mulinarmi nella testa, il motivo di Stand by me. Un po’ per volta, avanzò in me l’idea di crearci delle parole, quindi – abbandonata ogni titubanza (non essendo questo il mio compito) – presi a discettare comunque di una ragazza zoppa, la quale non voleva credere in un Dio che l’avesse punita così atrocemente. Il tema - però - non trovava un giusto svolgimento, perché quel tipo di handicap, non si prestava allo scopo in maniera sufficientemente poetica. Fu improvvisamente che pensai agli occhi di una bellissima ragazza, che – pur privi di vita – sarebbero potuti essere ugualmente meravigliosi (metti Annalisa Minetti, tanto per capirci). Di colpo, le parole presero a scorrere in maniera naturale e – avvalendomi del ricordo metrico del motivo - dieci minuti dopo, il testo di Pregherò, era finito.
Il mattino successivo telefonai a Richi e gli chiesi se Del Prete si fosse fatto vivo. Alla sua risposta irata e negativa, gli dissi che forse avevo io la soluzione al suo problema. Venne a prendermi all’albergo e lì gli passai il testo scritto nella notte. Lo trovò bellissimo. Di corsa – sulla sua scassettata Seicento - raggiungemmo la sala d’incisione (Philips di p.za Cavour). Detto Mariano e i Ribelli, avevano già approntato la base, per cui Richi vi sovrappose la voce. Il risultato fu ottimo.
Verso le undici arrivarono Adriano e lo stesso Del Prete, il quale farfugliò scuse banali riguardo alla sua defezione. Richi disse che ormai la cosa era andata, che il testo era stato fatto da me e il provino già pronto. Adriano - prima di ascoltarlo - volle leggerlo e, terminato che ebbe, si volse verso di me - visibilmente colpito dal concetto che vi avevo espresso - chiedendomi se veramente lo avessi scritto io. Ovviamente lo confermai senza problemi (perché Richi non intervenne allora?).“Ragazzi, per questo testo, Don Backy merita un premio.” Affermò Adriano.
Ci accingemmo quindi – insieme agli altri del Clan - a valutare la registrazione di Pregherò, effettuata da Ricki. I giudizi furono entusiasti, come era giusto che fossero.
A estate iniziata - nel primo concerto della tournee estiva da tenersi alla Bussola di Focette - Adriano ci annunciò che avrebbe eseguito la canzone tutte le sere, affinché entrasse nell’orecchio del pubblico, informando - al termine dell’esecuzione – dell’uscita del disco di Gianco a Settembre. (E’ importantissimo: In quella occasione ascoltammo un bellissimo brano intitolato Dont play that song, eseguito da Charl Holmes and the Commanders).
Il risultato del piano di Adriano - però - mostrò subito di diventare disastroso per Gianco, dato che il pubblico chiedeva (seralmente ormai) - e a gran voce - che fosse lo stesso Celentano a incidere il disco. La cosa andò avanti così fino alla fine dell’estate. Una notte - all’hotel Astra di Milano Marittima - Adriano convocò me e Richi nella sua stanza. A quest’ultimo, il boss fece un discorso ormai inevitabile. In pratica: “Se incido io questa canzone, vendo un milione di dischi”. Propose quindi a Gianco di cedergli quell’opportunità, in cambio promettendogli un lancio di quelli assolutamente sicuri della riuscita. Nel caso Richi avesse accettato, avrebbe dovuto trovare un’altra canzone, per la quale fui demandato di scrivere il testo. Richi capì al volo che quella era la sua grande occasione per il lancio definitivo. Approvò quindi in maniera convinta. In quel frangente, ci tornò in mente Dont play that song (il brano ascoltato alla Bussola), e si decise – seduta stante – che sarebbe stata la canzone giusta per lui (avendo peraltro caratteristiche simili a Stand by me). A me venne l’idea di farne il seguito di Pregherò, ricevendo l’approvazione entusiastica dei miei due amici. (“Lo scriverò anche sulle copertine del mio disco…” promise Celentano).
Particolare non trascurabile, fu quello che - anche per questo brano - non si fu in grado di stabilire chi fossero i veri autori, per cui – i due più furbi del reame (sempre loro: Detto e Gianco) - addivennero alla stessa decisione adottata per Stand by me. Se la sarebbero annessa quali compositori.
Tornato a Milano (intanto mi ero trasferito alla Pensione del Corso, in Galleria del Corso) – mi misi al lavoro dedicando un’intera notte al poeta che era in me - senza che niente di buono nascesse. Stavo quasi per gettare la spugna avendo netta la sensazione di aver promesso qualcosa che forse non avrei potuto mantenere, quando – sul far dell’alba – tutto mi fu improvvisamente chiaro. Un po’ di tempo dopo, era nato il testo del seguito di Pregherò. Ovverosia, Tu vedrai, di Detto – Gianco – Don Backy (in seguito - e solo per volere di Adriano – fui costretto a far entrare in quota coautore, anche Del Prete). Inutile dire l’effetto che fece sia su Ricki che su Adriano, come pure su tutti gli altri che lo ascoltarono appena Ricki ne ebbe realizzata l’incisione.
Ho narrato – senza gli orpelli che colorano solitamente i racconti – della creazione da parte mia, delle due canzoni Pregherò e Tu vedrai. Ora vi parlerò delle conseguenze che l’annessione della musica dei due brani da parte di Detto Mariano e Richi Gianco, portarono. Dunque:
I due dischi veleggiavano felicemente nei quartieri alti delle hit parades e l’entusiasmo – tra noi del Clan – era quasi una cosa concreta. Non durò molto però. L’editore Aberbach telefonò da Roma, per avvertirci che stavolta l’azzardo non avrebbe pagato. I due brani avevano regolari autori ed erano altrettanto regolarmente depositati in Siae. Ci invitava quindi a Roma – presso la sua sede – onde cercare una via d’uscita a questo ginepraio, minacciando altrimenti di far sequestrare tutti i dischi in commercio e far causa per danni.
Raggiungemmo la sede della società editoriale (ci stavamo recando ad Amalfi per iniziare le riprese del film “Uno strano tipo”) e lì furono prese le seguenti decisioni: Detto Mariano e Richi Gianco avrebbero disconosciuto la loro paternità. Io avrei conservato la mia quale autore dei testi, in quanto tale e senza contestazioni. Avrei dovuto però (per regolamento Siae), cedere all’autore straniero del testo di Stand by me, la quota di 2/24simi (sui 4 riconosciuti dalla Siae al paroliere). Non solo, ma – al momento – si scoprì che esisteva (già depositato in Siae), un testo italiano di quel brano (niente a che vedere con Pregherò). Pertanto, della mia quota ufficiale già decurtata di 2/24simi, mi fu sottratta ancora una metà (1/24simo), da destinare (come da regolamento Siae) all’ignaro autore che mi aveva preceduto. Così a me – destinatario iniziale di 8/24simi (per i due brani) – non rimase che quel miserabile 1. Fu però stabilito (in un documento sottoscritto da tutti), che – per quanto riguardava la canzone Dont play that song/Tu vedrai - Richi Gianco conservasse una quota dei proventi, da suddividere semestralmente con gli altri aventi diritto. E poi capita che alcune sere fa (17/02/01), mi imbatta in un’intervista di Gianco a “Serata pop” programma di Michele Bovi su Rai2, dove - il nostro eroe - stigmatizzava con sottile ironia, il comportamento di certi accomodanti firmatari di canzoni, i quali dimenticherebbero poi di versare il dovuto ai veri autori. Ma davvero? Gli ricordo allora, che questa dimenticanza deve aver colpito anche lui. Infatti, io non ho mai visto un soldo di quei denari incassati da Richi per Tu vedrai, che avrebbe dovuto dividere con noialtri aventi diritto e che pure non saranno stati pochi. Ora che gliel’ho rammentato, mi aspetto che voglia provvedere, sì da non mettersi sullo stesso piano di quelli dei quali sottolinea la scarsa integrità morale. E no! Danneggiato e beffato, no! Rischierei di innervosirmi davvero…
Concludo: Per alcuni la dignità è poca cosa. A me si lasci almeno quella. Se non altro, mi consentirà di poter parlare di questi fatti a testa alta e - senza tema di smentite - affermare che l’autore di Pregherò e Tu vedrai, sono io!
QUESTI GLI ARTICOLI PUBBLICATI, AVENDO LETTO I QUALI, GIANCO MI SCRISSE PER DIMOSTRARMI DI NON DOVERMI NULLA RIGUARDO AI DIRITTI. QUI DI SEGUITO, LA MIA RISPOSTA.
Roma, 28/05/01
RACCOMANDATA
Egregio Signore
Riccardo Sanna
Via …………..
20121 - M I L A N O
Caro Riccardo, in risposta alla tua raccomandata del 17/05/2001, prendo atto di quanto mi dici e dei conteggi che mi sciorini così didatticamente perfetti. Restano un paio di interrogativi però. Potresti spiegarmi il perché, io – unico vero ideatore e autore di quel testo (così importante per te) – non ho potuto godere di alcun provento da esso derivante e invece tu - che non sei assolutamente l’autore della musica - hai potuto godere di una quota sia Siae che Sedrim? E perché avrei dovuto firmare – in quella occasione – un documento che prevedeva a te una quota e a me nulla? Sul Radiocorriere Tv – tutto sommato - non dicevo che questo, volendo – con i miei articoli – chiarire soprattutto la paternità dei brani ‘Pregherò’ e ‘Tu vedrai’, dal momento che (mi è stato riferito da conduttori radiofonici che ti hanno intervistato e da persone che hanno avuto l’occasione di ascoltarti), tu diffondi – o non smentisci – la notizia di essere l’autore in toto o in parte, della canzone ‘Pregherò’, scritta assolutamente da me (e quante sono quelle che hanno preso per buone le tue affermazioni, considerandomi perciò un millantatore, visto che non ho potuto replicare? Quindi ti diffido dal continuare a farlo).
Ricorda solo che qualche anno fa, mi telefonasti per chiedermi se ti facevo entrare a far parte di quel bollettino - concedendoti di firmarlo (Pregherò) - solo per il fatto che avresti inciso il brano e quindi sarebbe stata per me, una ulteriore occasione di guadagno (usando la filosofia del ‘meglio un po’ meno, che niente’). Rifiutai perché questa pratica, abbondantemente usata nell’ambiente - per la quale ancora soffro ingiustizie da parte di chi furbescamente la usò sulle mie canzoni – non è mai stata da me messa in atto con chicchessia e mai lo farò, contentandomi del giusto che ho, ma che so essere mio e di nessun altro. Niente da aggiungere.
Aldo Caponi